Trekking

13-25.07.2013 - Val d'Aosta - Gressoney-Courmayeur per l'Alta Via 1

Gruppo: Alpi Occidentali

Regione: Valle d'Aosta

Località di partenza: Gressoney-Saint-Jean (AO)

Struttura d'appoggio: vari Rifugi, Bivacchi, alberghi e ostelli lungo il percorso

Esposizione: Varia - Direzione Est-Ovest

Sentieri utilizzati: Alta Via numero 1 della Valle d'Aosta

Riferimento cartografico: Carte 1:25000 "L'Escursionista editore" numero 1-5-6-7-8)

Massima elevazione raggiunta: 2925 m

Quota i partenza: 1405 m

Dislivello complessivo: 10579 m di salita e 10784 di discesa

Sviluppo complessivo: 128 km

Difficoltà: E

Tempi di percorrenza: 12 giorni

Descrizione generale
Le Alte Vie meriterebbero una sezione a parte, difficile considerarle alla stregua di un trekking su un'area limitata, per certi aspetti sono un vero e proprio viaggio. Volutamente non pubblichiamo la classica relazione con le indicazioni sul percorso, trovate fonti più valide nella quantità che volete, qui vi vorremmo raccontare il nostro lento viaggiare per la Valle d'Aosta, al cospetto dei giganti delle Alpi, con le sole energie delle nostre gambe. Quel che raccontiamo arriva in gran parte dal taccuino azzurro (gentilmente offerto da Francesco) su cui io e Isa abbiamo annotato un po' tutto quel che ci veniva in mente, quindi una racconto a quattro mani.

Prima di procedere liquidiamo brevemente le note tecniche: abbiamo fatto riferimento all'ottima guida delle Alte Vie 1 e 2 reperibile anche in pdf (Clicca qui). Rispetto a quanto riportato ci sentiamo di aggiungere qualche considerazione.
Nella tappa Gressoney-Crest prestare attenzione alle indicazioni per Crest, non evidenti, si rischia di scendere troppo. Crest è l'abitato sotto l'arrivo della bidonvia da Champoluc.
Nella tappa Rifugio Champillon-Saint Rhémy è possibile fare una deviazione una volta giunti a Pointer Inferiore: seguendo le indicazioni per il Tour du Combin (TDC) invece che quella dell'Alta Via si risale un po', ma si effettua un giro più breve e più piacevole (bosco invece che strada a tratti asfaltata).
Prestare attenzione alla neve, nel nostro caso (fine Luglio) ci ha lasciato un po' di apprensione circa la possibilità di passare il Col du Malatrà (forse EE è una valutazione più corretta di E), alla fine non abbiamo avuto problemi, ma più di una persona, negli stesso giorni, ha preferito rinunciare. Anche la discesa dalla Finestra di Tsan va valutata con attenzione in caso di innevamento per effetto della pendenza.
I tempi di percorrenza indicati non tengono conto delle numerose e ristoratrici soste. Consigliamo di prendersi i tempo per farle, c'é molto da ammirare.

Fatte queste doverose premesse vi raccontiamo giorno per giorno la nostra Alta Via, nata da una proposta di Isa in una sera d'inverno. Decidiamo di fare il vecchio tracciato da Gressoney a Courmayeur invece del nuovo percorso esteso fino a Donnaz per raccordarsi all'Alta Via 2, anch'essa allungata rispetto al precedente capolinea di Champorcher. L'anello che si forma con queste modifiche costituisce il tracciato del "Tor de Giant", massacrante gara che viene terminata dal primo in meno di 80 ore! Il tempo a nostra disposizione ci consiglia di percorrere la tratta Gressoney-Courmayeur considerata ancora da molti la "Alta Via 1". Qualche tappa sarebbe raggruppabile, alcuni lo fanno, a nostro avviso vale la pena prendersi il tempo per fare ogni singola tappa e godere dei luoghi, bellissimi, che si incontrano. Lasciamo a altre uscite e altri momenti le esigenze di coprire i grandi dislivelli in tempi contenuti, lungo l'Alta Via ci siamo riscoperti viandanti, con il piacere del lento avanzare quasi come se non ci fosse una vera meta.

GIORNO 0 - COURMAYEUR / GRESSONEY-SAINT-JEAN / RIFUGIO ALPENZU
Sì perché c'é un giorno zero. Quello in cui si potrebbe anche non camminare, ma serve per la logistica. Partiamo la mattina presto e arriviamo a Courmayeur, abbandoniamo la macchina in un parcheggio gratuito alle porte della città e con l'aiuto del buon servizio di autobus partiamo alla volta di Gressoney. Tre cambi e alle 15 siamo nella piazzetta di Gressoney-Saint-Jean. Potremmo dormire qui e iniziare domani, ma la voglia di Alta Via è tanta e muoviamo i primi passi dei 128 km che ci separano dall'arrivo lungo il torrente, in direzione di Tschemenoal. Qui un sentiero risale per 400 m verso il Rifugio Alpenzu. Dormiremo qui. Alpenzu Grande (Alpe Grande) è un insediamento prewalser, una delle abitazioni è stata convertita a Rifugio. La salita nel caldo bosco di larici, tra cui uno aggrappato allo strapiombo da ormai più di 500 anni, ci fa capire che il peso dello zaino sarà una delle nostre fatiche per i prossimi giorni. La prima sera in rifugio: cibo eccellente e camerate (o camerette, sono da 6) confortevoli, non si poteva iniziare meglio. Aspettiamo all'aria della sera che cominci a rabbuiare, un giretto "in centro" ad Alpenzu Grande; quando le mucche tornano in stalla andiamo anche noi verso il letto. Domani è il primo vero giorno di cammino.
D+ 400 m; D- 0; 2,1 km; 1h 30'.

GIORNO 1 - RIFUGIO ALPENZU / RIFUGIO VIEUX CREST
Salutiamo Alpenzu e la Ballerina Bianca che svolazzava di tetto in tetto e cominciamo la salita verso il Col Pinter (2777 m). Prati fioriti con Nigritelle, Genziane, Rododendri a stagliarsi sullo sfondo delle bianche nevi del gruppo del Monte Rosa, primo dei massicci che fa da cornice a questo itinerario. Solo sopra i 2500 m troviamo un po' di neve, ma la salita procede senza troppa fatica, la bellezza del paesaggio alleggerisce lo zaino e rende il passo più libero. La discesa verso Crest è parecchio innevata, ma anche questa non presenta reali difficoltà. Ci fermiamo a Cuneaz, lungo il percorso del Grande sentiero Walser. Con i suoi 2032 m rappresenta uno dei villaggi più alti d'Europa ad essere abitato tutto l'anno; verso la fine del '700 una popolazione di 76 persone aveva raggiunto la quasi totale autonomia, considerata l'impossibilità di collegamento invernale anche per periodi piuttosto lunghi.
Per noi rappresenta un punto di ristoro presso una locanda, poi, con calma, raggiungiamo Crest e il Rifugio Vieux Crest. Sembra l'incipit di una barzelletta: ci sono 4 tedeschi, 2 svizzeri e 2 italiani (oltre a noi). Tutti percorrono l'Alta Via: chiediamo sia a loro che al gestore se abbiamo informazioni sullo stato della neve al Col du Malatrà, tutti dicono: "si dovrebbe chiedere a Mara del Bonatti". Sarà la frase che sentiremo di più dai gestori fino a che non riusciremo a contattare Mara.
La serata è piacevole e il cibo delizioso. Camere comodissime: 4 letti (noi 2 da soli) con bagno e doccia in camera, quasi un albergo. Cerchiamo di restare in uno stato di forma decente e rinunciamo all'alcool, i tedeschi si bevono quattro o cinque birre a testa e pasteggiano a vino!
Dopo cena nuovo giro "in centro", sembra di tornare indietro nel tempo per i vicoli del paesino walser. I primi giorni di vacanza ci danno un gran senso di pace e lontananza da tutto quello che non abbiamo messo nello zaino.
D+ 1066 m; D- 813 m; 8,0 km; 3h 45'.

GIORNO 2 - RIFUGIO VIEUX CREST / RIFUGIO GRAND TOURNALIN
Sveglia alle sette, abbondante colazione, paghiamo il conto e ci riforniamo di acqua alla fontanella del paese. Pronti per la nuova tappa. Puntiamo verso Saint-Jaques dove arriviamo abbastanza presto nonostante un paio di deviazioni e un centinaio di metri di dislivello risaliti rispetto dal tracciato previsto, come dice Isa: "tutto fa gamba". Visto l'orario ancora favorevole, tiriamo fuori l'animo alpinistico che c'é in noi e bivacchiamo un quarto d'ora al bar per il caffè. Una visita alla bella chiesetta e poi zaini di nuovo in spalla per affrontare la salita verso il rifugio. Subito gran caldo, ma via via che saliamo la situazione migliora. Superati gli alpeggi(Crouez, Nannaz Inferiore e Nannaz Superiore) ci concediamo un'oretta di sole. Passano i tedeschi che, in francese, ci spiegano di essere rimasti in tre perché uno di loro si era procurato una distorsione al ginocchio il giorno prima e non ha potuto proseguire. Povero, ci dispiace sinceramente per lui.
Dopo la pausa si prosegue direttamente fino al Rifugio Gran Tournalin. Da qui si vede il colle da superare domani, vicino e invitante. Ci aspetta una tappa con poca salita.
Anche questo rifugio si presenta di gran lusso, siamo in due in una cameretta da sei. Ci sono i comodini e la scrivania. Soprattutto c'é un armadio senza grucce: dovevamo portarle nello zaino? Non importa non avremmo comunque appeso nulla. Visto che è ancora metà pomeriggio ci concediamo due passi sopra il rifugio, Isa disegna sul taccuino e io borbotto perché non abbiamo ancora visto granché di fauna, molte marmotte e tanti bei fiori, ma per ora niente altro. Cerco di inquadrare nel binocolo una marmotta che fischia, fatico a trovarla e percorro il versante di montagna da destra a sinistra e dall'alto al basso quando un'ombra attraversa l'inquadratura. La seguo, che ali! Due volteggi sopra le nostre teste, dimensioni e colori non lasciano molti dubbi: l'aquila! Smetto di lamentarmi per non avere ancora visto la famosa fauna valdostana.
Che bello passeggiare nella luce del tardo pomeriggio: ci fermiamo sulla riva di un laghetto nel quale si specchiano i Breithorn, una ranocchia di tanto in tanto tira fuori il muso per respirare, non sembra dar peso alla nostra presenza. Così passano le ore attendendo la cena. Così rallenta finalmente il tempo che solo pochi giorni fa scorreva a velocità doppia se non tripla nella caotica vita Lombarda.
A cena scopriamo che tutto il gruppo domani accorperà due tappe e raggiungerà direttamente il Rifugio Barmasse. Da domani saremo soli a percorrere l'Alta Via, in fondo non ci dispiace, non che i compagni non fossero piacevoli, ma la solitudine in montagna funziona da moltiplicatore di emozioni. Già che ci siamo chiediamo anche qui informazioni sul Malatrà: la signora che gestisce il rifugio sembra ottimista circa il fatto che con il caldo nei prossimi giorni si scioglierà molta neve, ma "sarebbe meglio chiedere a Mara del Bonatti".
Andiamo a letto ripromettendoci di aspettare il buio per vedere le stelle. Io mi addormento, Isa regge, ne vede luccicare un paio e cade anche lei in un sonno profondo.
D+ 1050 m; D- 485 m; 9,8 km; 4h 15'.

GIORNO 3 - RIFUGIO GRAND TOURNALIN / VALTOURNANCHE
Tutti partono presto, devono arrivare al Barmasse e la giornata è lunga, noi facciamo colazione con una flemma olimpica e ci incamminiamo per ultimi. Il colle di Nannaz si presenta come era parso dal rifugio: un po' di neve, ma lo si raggiunge in fretta e senza particolari fatiche. Una breve discesa e si risale anche il Col des Fontaines. Da qui la vista di apre a sinistra verso al Valtournache e a destra verso i 4478 m del Cervino. Per noi inizia una comoda discesa verso l'abitato di Cheneil. Fino al secondo dopoguerra era un alpeggio per le bovine da latte per la produzione di fontina. Oggi le condizioni sono cambiate e gli edifici vengono riconvertiti da rurali ad abitativi. Ci fermiamo a prendere due panini in un locale gestito da ragazzi sardi, poi giù fino a Valtournanche.
La reception dell'affittacamere Miramonti apre alle 16, c'é un numero da chiamare nell'orario di chiusura, ma noi stiamo vivendo lentamente e, anche se mancano più di due ore, decidiamo di usarle per passeggiare per il paese. Prendiamo un gelato e bighelloniamo: non è un posto particolare, ma la piazza del Municipio merita una visita per i numerosi ricordi delle guide che qui hanno esercitato questa professione in anni lontani e vicini.
Incontriamo i tre tedeschi che stanno bevendosi una birra a un bar: ci salutiamo e ci facciamo gli auguri. Non li invidiamo per la salita che li aspetta a quest'ora caldissima.
Quando l'affittacamere apre ci facciamo trovare pronti, bellissima camera con doccia calda, mi faccio perfino la barba. Isa approfitta del comodo letto per riposare un po', poi usciamo nuovamente.
Alle sette abbiamo una fame che ci logora: fortuna che troviamo già da mangiare e ci abbuffiamo di carne. Sento al telefono mio fratello Claudio e approfitto per chiedergli le previsioni per i prossimi giorni: "dopodomani potrebbe fare qualche debole pioggia, ma non dovrebbe essere male". Speriamo, dopodomani ci aspetta la tappa più lunga.
Il sonno arriva presto e anche questa sera siamo a letto prima del buio.
D+ 285 m; D- 1315 m; 7,7 km; 3h 05'.

GIORNO 4 - VALTOURNANCHE / RIFUGIO BARMASSE
Il mattino si presenta con nuvole basse e bagnato a terra. Questa notte è piovuto, ma adesso almeno non sembra minacciare. Colazione e via, le nuvole dense ci fanno compagnia e l'umidità è tanta. Vorremmo evitare di prendere la pioggia, così riduciamo le soste. Superiamo la vecchia stazione di pompaggio dell'impianto idroelettrico e raggiungiamo la diga del lago di Cignana. Il lago ha sommerso un alpeggio e solo la chiesetta della Madonna delle Nevi resta come unica costruzione sulle sue sponde oltre al rifugio. Arriviamo presto e la giornata a 2100 m si prospetta molto rilassante. Attraversiamo la diga e raggiungiamo la chiesetta, i colori del lago quando esce il sole sono bellissimi. Oggi è il 17 Luglio e esattamente 18 anni fa, nel 1995, lo stesso giorno, qui venne a pregare Papa Giovanni Paolo II, amante e frequentatore della montagna. Al rifugio giochiamo a carte (abbiamo una partita di Macchiavelli sempre aperta) e leggiamo Topolino al figlio maggiore del gestore ancora in età prescolare. Al rifugio arriva anche una coppia di Alessandria con nipote di dieci anni. Domani andranno al rifugio Perrucca-Vuillermoz per l'annuale messa in ricordo dei due alpinisti caduti sul Liskamm. Verso le 17:30 grandina, è solo un temporale serale, ne troveremo spesso nei giorni seguenti. Il meteo si ristabilisce presto e riattraversiamo la diga per un'altra passeggiata sulla sponda del lago, noi andiamo su una sponda e il sole sull'altra: un classico. Inganno la fame facendo qualche passo di arrampicata su un muraglione di contenimento in pietra, poi, finalmente, è ora di cena. Menzione d'onore per lo spezzatino alle castagne!
Il gestore dice che il Malatrà con ramponi e bastoncini non dovrebbe crearci problemi anche se troveremo ancora molta neve.
Le previsioni di Arpa Valle d'Aosta per domani non sono ottime: "nuvoloso con probabili rovesci". Ci rincuorano i due bivacchi presenti sul tracciato, se arriva il probabile rovescio, speriamo di essere vicini a uno dei due.
D+ 1023 m; D- 703 m; 13,9 km; 6h 00'.

GIORNO 5 - RIFUGIO BARMASSE / RIFUGIO CUNEY
Riteniamo possa essere una delle tappe più belle dell'Alta Via se non la più bella. Sicuramente la più lunga e quella mediamente più alta, con tre colli da superare e uno sviluppo significativo. Il gestore ci rassicura: "vedrete che almeno per un paio d'ore tiene. Dovete passare tre valli diverse, le correnti non porteranno brutto in tutte, magari un po' d'acqua la prendete, ma vedrete che non sarà molta". Credo che l'intento fosse quello di dare conforto ai nostri sguardi dubbiosi rivolti a un cielo poco invitante. Tutto è ben chiuso nei sacchetti di plastica, siamo ben attrezzati e ci sono i bivacchi. Partiamo. Dovete sapere che il valdostano non è una lingua facile e impariamo sulla nostra pelle che "nuvoloso con probabili rovesci" si traduce, in italiano, in "pioggia ininterrotta per 8 ore".
Oggi mi sento di dire poche altre cose se non: "Brava Isa!". Ci mettiamo 6 ore e mezza a raggiungere il Rifugio Cuney con una sosta di venti minuti al bivacco Reboulaz. La pioggia inizia cinque minuti dopo che abbiamo lasciato il rifugio e non smette per un solo secondo. Non ci concediamo soste, sperando di vedere una spiraglio che interrompa questo continuo "probabile rovescio". Dopo un paio d'ore sotto l'acqua non c'é guscio che tenga, cominciamo a inzupparci e arriviamo al Reboulaz fradici e con 5 gradi, unico momento di conforto l'incontro ravvicinato con un camoscio che non si aspettava di incontrare gente con questo tempo. Al bivacco ci cambiamo indossando almeno maglietta e calze asciutte. Quel poco che non era insacchettato è tutto zuppo. Superiamo il terzo dei tre colli, il Terray a 2775 m e cominciamo la discesa verso il Rifugio Cuney che speriamo sempre di vedere oltre la prossima svolta, ma non arriva mai. Ad un certo punto vediamo il Santuario, il più alto d'Europa, accanto al rifugio, una piana, un torrente da attraversare, un'ultima breve risalita e ci siamo. Il torrente, molto gonfio, ci da l'ultimo attimo di tribolazione e poi raggiungiamo il caldo e, soprattutto, asciutto rifugio.
Il Cuney è il più rifugio dei rifugi dell'Alta Via. Il classico tavolato di legno a più piani per dormire, un locale comune e il bagno esterno. Noi abbiamo da far asciugare una montagna di roba, per fortuna siamo gli unici occupanti dei circa venti posti letto. Il gestore è gentilissimo e sopporta la nostra invasione di panni stesi, anche la cena è deliziosa e questa sera stabiliremo il record che resterà ineguagliato per tutto l'itinerario di "a nanna presto". Quando tocchiamo i cuscini l'orologio segna le 20.46.
Il rifugio comunque è bello, frequentato anche da astrofili, riporta sulle pareti mappe stellari e foto di galassie e comete. Merita una visita anche il Santuario della Madonna della Neve, tanti ex voto e un'atmosfera particolare.
La sera smette di piovere, tutto è bello e la notte ai 2656 m del più alto rifugio dove dormiremo trascorre tranquilla.
D+ 1023 m; D- 703 m; 13,9 km; 6h 00'.

GIORNO 6 - RIFUGIO CUNEY / BIONAZ
Il mattino ci saluta con un bel sole. Usciamo all'aria aperta e ci godiamo pienamente la vista e il posto in cui ci troviamo. Oggi ci aspettano un paio di colli e la discesa verso Closé. Il tempo di fare colazione e già il cielo si rannuvola. Partiamo subito con l'intento di iniziare la discesa prima dell'eventuale pioggia, l'ultimo colle, quello di Vessonaz è a 2973 m e vorremo evitare l'esperienza di freddo e bagnato di ieri. Isa paga un po' la stanchezza della tappa precedente, ma arriviamo in fretta alla base dell'ultima salita e al bivacco Rosaire-Clermont poco sotto il colle. Bivacco molto bello in posizione favolosa, meriterebbe un pernotto, magari invernale, con gli sci.
Noi ci fermiamo poco, guadagnamo il colle e iniziamo la lunga discesa verso Closé. Una volta scesi di quota ci concediamo di nuovo pause rigeneratrici. La pioggia arriva ma è poco intensa e non dura molto. Questa volta i gusci impermeabili ci garantiscono un buon comfort. Raggiungiamo con una discesa un po' monotona il ponte della Betenda e ci tocca il tratto di risalita a fine giornata fino a Closé. Nel complesso la tappa è andate bene, dopo ieri...
Non paghi abbiamo prenotato al lontano Ostello "La Batise". Bello, gestito da una Signora, Maria Luisa, originaria della Repubblica Dominicana, di grande gentilezza. Le camere dell'ostello ci ricordano un po' una cella monacale, ma tutto è pulito e confortevole. Un grande locale comune e un borgo che riporta a atmosfere perdute. Quella dell'ostello è stata una scelta: la volontà era quella di non cercare i confort degli hotel, ma di goderci la libertà dei viandanti. Siamo stati felicissimi e trattati benissimo, ma ci sembra corretto dire che esistono anche un paio di alberghi che fanno servizio navetta da Closé (dove passa l'Alta Via, ma non c'é possibilità di dormire) a Bionaz. Noi abbiamo risalito la Val Pelline per 40 minuti e 200 m di dislivello per arrivare all'ostello. Questo è la nostra Alta Via, questa è la nostra scelta.
L'Ostello è comunque una struttura pulita, molto gradevole e con un vicinissimo ristorante (sempre gestito da Maria Luisa) dove si mangia bene. Abbiamo potuto anche lavare e stendere i vestiti che avevano preso la pioggia che, mischiata al sudore, dava obiettivamente un odor caprone difficilmente sopportabile.
Dopo cena arriva la pioggia serale. Si va a letto presto anche oggi, dopo avere aver trascorso qualche momento nel locale comune con una famiglia svizzera in vacanza a Bionaz.
D+ 434 m; D- 1683 m; 16,8 km; 4h 40'.

GIORNO 7 - BIONAZ / OLLOMONT
Ancora un bel mattino soleggiato, facciamo colazione, leghiamo un po' di indumenti non ancora asciugati agli zaini e ripercorriamo la Val Pelline fino a Closé dove ritroviamo il sentiero. La salita è un po' calda, in un bel bosco di larici. Una delle poche tappe con scarsità d'acqua. All'alpeggio Ecelvey ci fermiamo a stendere un po' di panni al sole, poi di nuovo zaino in spalla fino all'alpeggio Brison dove ci fermiamo a mangiare al sacco. Oggi è un giorno in cui non c'é fretta: appare qualche nuvola all'orizzonte, ma non minaccia imminenti precipitazioni.
Rinfrancati dal pasto affrontiamo l'ultimo tratto di salita fino al colle Brison superato il quale un nuovo gigante appare a vigilare sul nostro cammino: il Gran Combin. La discesa verso Ollomont è inizialmente piacevole, ma un po' lunga e, alla fine, noiosa. Arrivano poche gocce di pioggia a ricordarci la bagnabilità delle nostre esistenze: poco conta, smette in fretta e non è neanche necessario indossare il guscio.
Arrivati in paese ritiriamo le chiavi del Dortoir d'Ollomont. Ci propongono una comoda sistemazione in hotel, siamo viandanti: preferiamo il Dortoir. Tredici posti letto in un camerone con angolo cottura, siamo gli unici ospiti e abbiamo perfino un bagno a testa. La struttura è confortevole, ma dobbiamo essere i primi avventori della stagione, all'interno è molto umido, tanto che ribattezziamo simpaticamente il Dortoire in Umiditoire.
Ancora cena presto nel ristorante vicino, gestito da una simpatica signora di Biella che, appreso che stiamo facendo l'Alta Via, ci riempie i piatti con porzioni doppie. Grazie, ho molto apprezzato.
D+ 1030 m; D- 1112 m; 17,7 km; 4h 50'.

GIORNO 8 - OLLOMONT / RIFUGIO CHAMPILLON
Avvio a rilento, un po' di pigrizia mattutina. Facciamo colazione a un bar di Rey e qualche acquisto per la salita, poi si parte. La salita non è lunga, ma subito ripida e ci fermiamo un po' all'alpeggio Prumayes a stendere su di un sasso gli ultimi indumenti non ancora ben asciutti. Poco sopra si esce dal bosco e il paesaggio si apre alla vista delle grandi montagne verso nord. Noi facciamo una pausa e ci rifocilliamo alla chiesetta di Sainte Maire de la Neige, purtroppo non ben tenuta e chiusa. Comunque un buon punto di ristoro.
Da qui il percorso sale passando per un paio di alpeggi, giunti all'ultimo dei quali scopriamo che circa 200 metri più in basso dello Champillon c'é un parcheggio dove arriva una strada sterrata. Il capiente e confortevole rifugio è inevitabilmente affollato. Noi pranziamo e ci allontaniamo un po' a goderci il sole distesi su un sasso.
Appena la folla pomeridiana si riduce torniamo al rifugio e ci sistemiamo in cameretta in compagnia di una coppia francese che sta facendo il Tour du Combin. A tavola, invece, siamo con tre italiani (di Ivrea) che stanno percorrendo un tratto della nostra stessa Alta Via, loro oggi arrivano direttamente da Closé (Bionaz), anche loro sentiranno il Bonatti domani per decidere se fare o meno il Malatrà: in caso decidessero di farlo ci rincontreremo al Rifugio Frassati. Allo Champillon non abbiamo nuove informazione sullo stato della neve.
Una volta andato a dormire un chiassoso gruppo di tedeschi con bambini ci godiamo il silenzio della montagna alla sera. Perdo a Machiavelli e andiamo a dormire mente la marmotte razzolano intorno all'edificio. Sentiamo la meta più vicina e comincia a dispiacerci che il viaggio vada verso la conclusione.
D+ 1037 m; D- 0 m; 4,9 km; 2h 40'.

GIORNO 9 - RIFUGIO CHAMPILLON / SAINT RHEMY
Al risveglio una marmotta si sta affilando i denti sulla staccionata del rifugio, noi non abbiamo denti da affilare, ci basta la colazione. La salita al Colle Champillon è breve e da lì si vede il Monte Bianco e l'ultima frastagliata cresta, sopra il rifugio Frassati, che ci separa dalla Val Ferret. Da qui si vede anche il Col du Malatrà: c'é molta neve, vedremo sul posto come va. Scendiamo verso la Valle del Gran San Bernardo e incontriamo una Guardia Forestale, facciamo due chiacchiere e lui ci rassicura sul fatto che con i ramponi il Malatrà non ci creerà problemi, visto che non è così ripido: lui senza neve lo ha fatto in bici in discesa!
La discesa è su bei prati, ripida, ma molto piacevole. In relativamente poco tempo arriviamo a Pointer Inferiore dove, come ci hanno suggerito al Rifugio Champillon, seguiamo le indicazione per il Tour du Combin (TDC) invece che quelle dell'Alta Via. Si risale un pezzetto, ma poi si fa un lungo tratto pianeggiante nel bosco prima di scendere verso Saint-Rhemy, meglio del tracciato previsto che scende prima, ma poi prosegue su strada.
In questo tratto ce la prendiamo comoda, ci fermiamo su un prato a mangiare un po' e ci supera il gruppo Ivrea che salutiamo pensando di rivederli al Frassati. Il percorso nel tratto finale è lungo, ma sempre agevole. Prendiamo il nostro quarto d'ora di pioggia con il sole, ma ormai siamo idrorepellenti e arriviamo al borgo di Saint-Rhemy dove ci aspetta un accogliete albergo. E' la nostra giornata lusso. Una doccia calda e un confortevole letto sono agi che cominciavamo a trascurare.
Per visitare il borgo basta poco, è molto bello e ben tenuto, anche se ci sono solo l'hotel Suisse, dove alloggiamo, e lo spaccio dei prosciutti. Immancabile arriva il temporale delle cinque e noi ci rintaniamo per il contemporaneo té (molto British).
Questa sera sentiamo finalmente Mara del Bonatti: "con il caldo degli ultimi giorni, forse, passate anche senza ramponi, però valutate bene in loco". Tra la Guardia Forestale e Mara oggi abbiamo avuto buone notizie: andiamo a dormire convinti che arriveremo a Courmayeur senza intoppi e poi, come ha detto Isa a Ollomont: "arrivati al Frassati è fatta!".
D+ 500 m; D- 1342 m; 12,6 km; 4h 50'.

GIORNO 10 - SAINT RHEMY / RIFUGIO FRASSATI
Gli agi continuano, la colazione è alle otto, allora si dorme un po' più del solito. Dal borgo si procede per quasi un'ora su strada e poi si comincia salire la bella Valle del Merdeux. Secondo una leggenda locale il nome è stato deciso dopo che un contadino ha perso il carico di letame lungo il percorso. Il tracciato anche qui è ben tenuto, certo un mer...o.
Oggi fa un gran caldo, non vediamo nessuno che stia salendo, incontriamo solo un ragazzo americano in discesa. Il percorso sale dolcemente e la vallata merita veramente una pausa ad ammirare l'ambiente. Incrociamo qualche alpeggio sempre ben tenuto e arriviamo fino al rifugio Frassati.
Il rifugio è bello e, a prima vista, esageratamente grande. E' gestito interamente dai volontari dell'operazione "Mato Grosso" e arredato con mobilia realizzata in una loro missione in Perù: bellissima. Ci hanno raccontato della costruzione fatta trasportando il materiale in grandissima parte a spalla, anche oggi hanno portato su e giù qualche carico fino all'alpeggio 300 m più in basso, dove arriva una strada sterrata. Poi capiamo la ragione della capienza del rifugio: arriva un gruppo di trentacinque ragazzi dell'oratorio San Giovanni Bosco di Sesto San Giovanni. Domani ci saranno altri cinquanta ospiti di un altro oratorio.
Il gruppo è numeroso e, inevitabilmente, un po' rumoroso, ma tutto sommato una compagnia singolare in questa vacanza e piacevole. Ci chiediamo com'é che l'unico cellulare di tutto il rifugio che abbia campo sia quello del Don? Sarà potente come le antenne di Radio Maria, l'unica radio che è impossibile non ricevere in qualsiasi angolo della penisola?
Non importa restiamo a noi: ci lanciamo in una perlustrazione verso il Col du Malatrà, non arriviamo fino a vederlo, ma certo 150 m sopra al rifugio non manca la neve. Il gruppo di Ivrea non è arrivato, sul libro del rifugio dei tedeschi e degli svizzeri non c'é traccia, i due italiani incontrati a inizio percorso sono arrivati a 120 m dal colle è hanno rinunciato per troppa neve. Domani noi ci proviamo, intanto ci nutriamo abbondantemente per essere pronti alla lotta all'alpe! (forse così è un po' esagerato).
Passato il temporale delle cinque arriva un bella serata, con le marmotte che pascolano alla luce di una grande luna rossa.
I ragazzi del rifugio sono bravi e cordiali, purtroppo non sanno molto della situazione del colle, a parte qualche sparuta opinione che non aggiunge molto alla nostra conoscenza. Il sonno ci accoglie presto sotto i morbidi piumoni, sono le ultime sere da viandanti e vorremmo poter continuare ben oltre la meta stabilita, come se il ritorno fosse cosa che non ci riguarda.
D+ 1054 m; D- 22 m; 9,2 km; 3h 45'.

GIORNO 11 - RIFUGIO FRASSATI / RIFUGIO BONATTI
La giornata in cui dobbiamo valicare l'ultimo, il più alto, colle comincia con un cielo scuro dopo una notte di pioggia. Salutiamo i ragazzi del rifugio contando di non dover tornare indietro e ci incamminiamo verso il Malatrà. La salita non è molta, ma la neve è abbondante. Per tutta la prima parte la traccia è comunque evidente, a volte ci si scosta dal sentiero per seguire le zone meno innevate, ma non serve un gran senso dell'orientamento per individuare la direzione. Giunti al pianoro sotto al colle dobbiamo fare un traverso di un paio di centinaia di metri verso sinistra, anche questo è innevato, ma non su grandi pendenze, la neve non è particolarmente dura e possiamo procedere senza preoccupazioni fino quasi sotto la verticale del colle. Lo scivolo di neve che porta fino ai gradini metallici dell'ultima parte è un po' più ripido e lungo. Non sembra impraticabile, ma un'eventuale scivolata sarebbe difficile da arrestare fino al ghiaione alla base dello scivolo. A destra del tratto innevato c'é un altro scivolo di terra e detriti, la traccia non passa di qui, ma ci sembra percorribile con minori rischi; proviamo ad alzarci un po' restando in prossimità del nevaio, i ramponi sono pronti in cima allo zaino. La scelta di non seguire la traccia, ma salire per i detriti si rivela felice, arriviamo relativamente in fretta a pochi metri dai gradini metallici che raggiungiamo per una traccia di sentiero pulita. Gli ultimi metri sono senza neve e facili facili, siamo sul Col du Malatrà, punto più alto dell'Alta Via a 2925 m e ultima difficoltà prima della discesa verso la Val Ferret e Courmayeur.
Dal colle si dovrebbe aprire davanti a noi lo spettacolo del Monte Bianco e delle Grandes Jorasses, purtroppo è tutto chiuso nelle nuvole, ma il paesaggio non manca ugualmente di fascino. Discendiamo il pendio innevato oltre il colle e in breve siamo nuovamente sui prati. Magliette colorate e voci che giungono a tratti fino a noi ci fanno capire che ci stiamo avvicinando al termine del nostro periodo da viandanti, ormai troppo vicini alla rinomata località turistica. Ci fermiamo nella verde vallata a contemplare il Monte Bianco che ora si concede ai nostri occhi, così vicino che sembra di poter allungare una mano ad accarezzarne le cime.
Un po' riluttanti riprendiamo la discesa e arriviamo al Rifugio Bonatti. Che folla! Il rifugio è anche tappa del Tour du Mont Blanc, frequentatissimo dagli stranieri, è strapieno. Optiamo per una passeggiata e risaliamo ancora verso gli alpeggi poco sopra a cercare ancora un po' di solitudine. Isa cita il suo filosofo preferito, Snoopy: "Io amo l'umanità, è la gente che non sopporto".
Ancora una volta i rifugi valdostani non si smentiscono, ottima struttura e cucina, l'affollamento guasta un pochino l'atmosfera, ma nelle luci della sera il paesaggio si fa grandioso e noi, che per la prima volta dalla partenza ci concediamo un bicchiere di vino, brindiamo a questa splendida avventura. D+ 398 m; D- 904 m; 7,2 km; 2h 55'.

GIORNO 12 - RIFUGIO BONATTI / COURMAYEUR
Vogliamo goderci questo angolo di Val Ferret e non abbiamo nessuna fretta che l'Alta Via arrivi al termine, così aspettiamo che tutti si incamminino per regalarci un quarto d'ora di silenzio di fronte all'imponenza della montagna. Presto cominciano ad arrivare i primi escursionisti e decidiamo di incamminarci. E' un po' come l'ultima tappa del giro d'Italia, quando ormai i giochi sono fatti e si deve solo passeggiare fino alla meta. La tappa è bella per boschi verdeggianti sempre al cospetto della cima più alta della Alpi e non manca di riservarci una sorpresa poco prima di arrivare al rifugio Bertone. Sullo sperone panoramico alziamo il naso e lassù che volteggia silenziosa sopra le nostre teste c'é di nuovo l'aquila. Dodici bellissimi giorni alle spalle, i ghiacciai perenni accanto a noi e un'aquila che ci scruta: quale migliore ricordo per concludere questa Alta Via?
Restiamo un po' a guardare poi scendiamo al rifugio Bertone, originale il menù: per secondo c'é la polenta e come contorno? Lo spezzatino! Da qui è una veloce discesa nel bosco verso Courmayeur, dove consigliamo una visita al museo della casa delle guide, merita tutti i soldi del biglietto e anche qualche cosa di più.
D+ 234 m; D- 1036 m; 12,4 km; 3h 50'.

La nostra macchina è lì dove la abbiamo lasciata e le prime curve ci fanno uno strano effetto, ci siamo abituati a un altro ritmo, sembra di andare velocissimi e ci si sente disorientati. Un capogiro che speriamo di avervi fatto venire voglia di provare.

Sergio & Isa.

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